Burnout e lavoro: quali correlazioni esistono e come proteggersi?

28 ottobre 2022



Capita spesso di sentir parlare di burnout, in relazione a periodi di particolare impegno o stress.

Questo termine inglese, che significa “bruciato” o “scoppiato” indica in realtà una problematica

specifica che è strettamente legata all’ambito professionale.


Che cos’è il burnout?


Il burnout è definito nell’ICD (International Classification of Diseases) come: “una sindrome

derivante dallo stress cronico sul posto di lavoro che non è gestito con successo”. È caratterizzato

da tre dimensioni: 1) sentimenti di svuotamento o esaurimento energetico; 2) maggiore distanza

mentale dal proprio lavoro, sentimenti di negatività o cinismo ad esso relativi; e 3) ridotta

efficienza professionale. Ad esserne maggiormente colpite sono le persone che lavorano in

ambiti particolarmente stressanti come il personale ospedaliero, gli assistenti sociali o i vigili del

fuoco, ma ne è più colpito della media anche chi ha a carico difficili situazioni familiari.

Ciononostante, è bene ricordare come per parlare di burnout il problema debba essere derivato

dalla condizione lavorativa, anche se può poi essere amplificato da altre situazioni di carattere

personale.

Le modalità pratiche di manifestazione della sindrome da burnout sono molteplici, dalla

depressione all’irritabilità fino a modalità più prettamente fisiche (in questo caso si parla di

somatizzazione dello stress) come contratture muscolari del tronco, intestino irritabile, eritemi, 

forfora, forte e immotivato aumento o diminuzione del peso corporeo, reflusso gastroesofageo. Il

nostro corpo insomma può reagire in tantissimi modi a un problema che però è psichico. È

dunque a quel livello che bisogna intervenire.

Come risolvere il burnout




Come abbiamo detto, il burnout deriva da una condizione lavorativa. Purtroppo però, non è

sempre facile cambiare le caratteristiche del nostro mestiere. Se il problema deriva da una

particolare e ingiusta situazione sul posto di lavoro è doveroso farlo presente per cercare di

cambiarla, ma se invece è legata alla natura intrinseca della professione e non si vuole per vari

motivi cambiare vita, bisogna guardare altrove per migliorare la propria condizione. Innanzitutto

nella fase più acuta è necessario prendersi del riposo, eventualmente prescritto dal medico. Il


burnout è una condizione seria ed è dunque giusto rivolgersi a degli specialisti, che possono

includere anche degli psicologi. In secondo luogo, è utile cambiare le proprie abitudini fuori dal

lavoro: una maggiore attività fisica, un miglior ritmo sonno-veglia e un’alimentazione più sana

aiutano molto a ritrovare un equilibrio che è stato sconvolto da un mestiere stressante.

 In conclusione



Negli ultimi anni i ritmi di lavoro sono spesso diventati insostenibili. Questo, specialmente se

sommato a situazioni familiari o personali difficili, può portare a situazioni di burnout, che

inficiano pesantemente la nostra qualità della vita. Se questo succede il primo passo è rendersene

conto e comunicarlo anche sul posto di lavoro. Un buon datore di lavoro sa che un dipendente

con sindrome da burnout non è (e non certo per sua colpa) un dipendente produttivo, e ha dunque

tutto l’interesse affinché la situazione migliori. Con l’aiuto di specialisti e di uno stile di vita

migliore, è possibile ritornare alla normalità.

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