Come cambia il lavoro amministrativo con l’IA? Opportunità e rischi
L’intelligenza artificiale (IA) non è più una promessa futuristica: è una realtà concreta che sta trasformando il modo in cui lavoriamo. Nel settore amministrativo, dove la precisione, l’organizzazione e la gestione dei flussi informativi sono da sempre centrali, il suo arrivo sta ridisegnando ruoli, competenze e aspettative. La sfida che comporta è doppia: cogliere le opportunità di innovazione, senza trascurare le implicazioni sociali e occupazionali di questo cambiamento.
Un alleato per la produttività, se ben integrato
L’IA può alleggerire sensibilmente il carico di lavoro amministrativo, automatizzando compiti ripetitivi come l’inserimento dati, la gestione dei documenti, la classificazione delle e-mail o la predisposizione di report. Questo non significa, come spesso si teme, che le persone saranno sostituite da algoritmi, ma piuttosto che il loro ruolo potrà evolvere verso attività a maggior valore aggiunto: controllo qualità, interpretazione dei dati, gestione delle relazioni e processi decisionali.
In Svizzera, diverse aziende e amministrazioni pubbliche stanno già sperimentando con successo soluzioni basate sull’IA per snellire i processi e migliorare l’efficienza interna. Uno studio pubblicato da SOS Ticino sottolinea come, ad esempio, l’intelligenza artificiale possa contribuire anche all’integrazione professionale, aiutando candidati con difficoltà linguistiche o percorsi non lineari a compilare correttamente il proprio dossier o a prepararsi per un colloquio. Eppure, queste innovazioni richiedono infrastrutture aggiornate, attenzione alla qualità dei dati e, soprattutto, formazione continua per i dipendenti coinvolti.
Non solo benefici: le ombre dell’automazione
Accanto agli indubbi vantaggi, emergono timori legittimi. Molti professionisti del settore amministrativo in Svizzera si chiedono quale sarà il loro posto in un contesto sempre più digitalizzato. Secondo lo stesso rapporto di SOS Ticino, quasi il 50% dei lavoratori elvetici teme che l’IA possa sostituire la propria mansione, soprattutto nei ruoli che non richiedono una forte componente relazionale o creativa.
Inoltre, c’è un rischio meno evidente ma altrettanto rilevante: quello di una delega cieca ai sistemi automatizzati. Se l’algoritmo suggerisce un’azione, siamo davvero in grado di valutarla criticamente? Oppure rischiamo di trasformare l’efficienza in dipendenza? In questo senso è stato evidenziato come, in Svizzera, i dipendenti siano meno protetti da meccanismi di sorveglianza automatizzata rispetto ad altri Paesi europei, e come la pressione tecnologica possa aumentare i livelli di stress e ansia sul posto di lavoro.
Senza politiche di accompagnamento, c'è il rischio di accentuare le disuguaglianze: chi è già digitalmente competente trarrà vantaggio dall’IA, mentre chi non ha le competenze tecniche rischia l’esclusione.
Governare il cambiamento: competenze, etica e partecipazione
Il punto non è resistere all’innovazione, ma governarla. L’adozione dell’IA richiede un investimento serio in formazione, affinché i lavoratori possano familiarizzare con i nuovi strumenti e integrarli nel proprio quotidiano professionale. Ma serve anche un quadro etico e normativo che definisca chiaramente cosa è accettabile e cosa no.
Il Consiglio federale ha incluso l’intelligenza artificiale nel suo programma legislativo 2023–2027, riconoscendo l’urgenza di una regolamentazione che tuteli trasparenza, equità e responsabilità nell’utilizzo di questi strumenti. Tuttavia, le norme non bastano. Serve coinvolgere i lavoratori nel processo di innovazione, ascoltare i loro bisogni e renderli partecipi del cambiamento.
In conclusione
La trasformazione del lavoro amministrativo attraverso l’intelligenza artificiale è una realtà inevitabile, ma non per questo neutra o automatica. Il modo in cui decidiamo di affrontarla determinerà non solo l’efficienza delle nostre organizzazioni, ma anche la qualità del lavoro, la dignità professionale e la coesione sociale. Possiamo scegliere di usare l’IA come leva per liberare tempo e potenziale umano, oppure possiamo subirla come uno strumento che semplifica i processi e complica la vita delle persone. Il futuro non è scritto nei codici degli algoritmi, ma nella responsabilità con cui li mettiamo al servizio del bene comune.








