Materiali del futuro: il calcestruzzo a impatto zero
Se c’è un materiale che ha modellato il mondo moderno, quello è il calcestruzzo. Strade, ponti, dighe, edifici, marciapiedi, grattacieli: è ovunque. Tuttavia, c’è un lato oscuro in questa onnipresenza. La produzione di cemento, ingrediente chiave del calcestruzzo, è responsabile da sola di circa l’8% delle emissioni globali di CO₂. Una cifra impressionante, che rende urgente la ricerca di alternative più sostenibili. La buona notizia? La trasformazione è già in corso. Negli ultimi anni, scienziati, ingegneri e aziende hanno compiuto progressi notevoli nello sviluppo di calcestruzzi a basso o nullo impatto ambientale, che promettono di rivoluzionare il settore delle costruzioni.
I diversi tipi di calcestruzzo “green”
Una delle innovazioni più promettenti è l’LC3, Limestone Calcined Clay Cement, sviluppato da un consorzio internazionale guidato dall’EPFL di Losanna e da istituti indiani e cubani. Questo materiale sostituisce parte del clinker — il componente più energivoro e inquinante del cemento tradizionale — con una miscela di calcare e argilla calcinata. Il risultato è una riduzione delle emissioni di CO₂ fino al 40%, senza sacrificare resistenza, durabilità o costo. Ma non si tratta solo di un’innovazione da laboratorio: l’LC3 è già stato impiegato in progetti reali in India e America Latina, dimostrando la sua efficacia anche su larga scala.
Accanto a soluzioni più “soft” come la sostituzione di materiali, emergono tecnologie ancora più radicali. Un esempio viene dalla Northwestern University, dove un team di ricercatori ha sviluppato un materiale definito “a emissioni negative”. In pratica, anziché produrre CO₂, questo calcestruzzo è capace di assorbirla. Il segreto sta in una particolare composizione chimica che intrappola il carbonio in forma solida durante il processo di indurimento. Oltre a ridurre l’impatto ambientale, questo approccio apre la strada alla possibilità di utilizzare il calcestruzzo stesso come mezzo di sequestro del carbonio atmosferico.
Un prodotto in continua innovazione
Anche sul fronte del riciclo, l’innovazione avanza. All’Università di Cambridge è stato messo a punto un metodo per produrre nuovo cemento riutilizzando materiali di scarto provenienti da demolizioni. Grazie a forni ad arco elettrico — simili a quelli usati nella produzione dell’acciaio — è possibile recuperare i componenti del cemento vecchio, rifonderli e ottenere un materiale nuovo con emissioni molto ridotte, soprattutto se alimentato da fonti rinnovabili. Si tratta di una tecnologia che consente di chiudere il ciclo produttivo, trasformando l’economia lineare delle costruzioni in un modello più circolare.
Nel frattempo, anche il settore privato si sta muovendo. Startup come la svedese Cemvision stanno attirando l’attenzione degli investitori con soluzioni alternative che promettono un abbattimento delle emissioni fino al 95%. Utilizzando scorie industriali e un processo produttivo a bassa temperatura, Cemvision riesce a ridurre drasticamente il fabbisogno energetico e l’uso di materie prime inquinanti. È il segno di un cambiamento che non coinvolge solo la ricerca scientifica, ma anche il tessuto economico e produttivo.
In conclusione
Non si tratta però solo di tecnologia. La vera sfida sta nella sua adozione. Perché il calcestruzzo a impatto zero diventi una realtà diffusa, servirà un’azione congiunta tra istituzioni pubbliche, aziende, progettisti e consumatori. Sarà necessario aggiornare normative, rivedere capitolati, ripensare le abitudini costruttive. Ma soprattutto, servirà una nuova mentalità. Costruire in modo sostenibile non è più un’opzione: è una responsabilità. In un mondo che affronta una crisi climatica sempre più tangibile, ogni metro cubo di calcestruzzo può fare la differenza.








